Nombre: Flaminia Cruciani
Lugar de nacimiento: Roma, Italia
Residencia actual: Roma, Italia
Miembro desde: 10/03/2016


Poemas incluidos en esta página:        
                  

-      VISIONE

-      RAPPORTI DI SCAVO

-      ESODO 33,20

-      27 NOVEMBRE

-      VANITAS

-      SONO IL TUO SOSIA

-      SONO L’ARTIGLIERIA E LA PACE

-      S’AFFANNAVA LA RAGIONE

-      QUELLO CHE È MALE AI TUOI OCCHI IO L’HO FATTO

-      SE SOLO AVESSI POTUTO RACCONTARTI DI ME

-      MOMENTO, AZIONE, SIAMO

-      LA STRUTTURA DEL MIO TEMPO È ALTERATA

-      MI DAVA PENA SAPERTI LI SOLA

-      VIA MARCO AURELIO

-      ALEPPO

 



 
VISIONE
 
Distesi uno accanto all’altra
piantavamo stelle come tende
su lacrime sommate
il battesimo del cuore doppio e mutilato
dal dolore degli amanti che chiamano santo.
Si china un mondo nudo contro di me
un mondo implacabile in cerca di un creatore
forse è un inganno, un sogno illecito
un’alba senza terra
una ebbrezza con le mani
protese che vogliono prendermi
un predicatore avaro che ha imparato a volare
è un richiamo, una voce che semina luce in una
sentenza di morte, che risuona dentro come comando
mi smarrisco, perdo il volere
sono in viaggio con la mia identità sbagliata
i miei respiri al rovescio
il sublime concentrico mi dà la mano
tace il visibile ingenuo
il suo intero teorema è vacante
mentre tu viaggi su un treno di morti.
In prodezze da cento occhi
sono fra nuove genti
giganti di acciaio muovono gli arti
in movimenti solenni e imperiali
torri spietate di reti plumbee
carte geografiche piovono come comete
tutto risponde al mio desiderio,
ho corone ai polsi, io devo andare.
Al fronte dell’invisibile
cedo l’unità di misura dello sguardo
un rosaio di reti blu acciaio
racconta un luogo di silenzio esile mai invecchiato
nell’eruzione del mio desiderio diluvia questa terra
sulla miniera della mia perfetta sete
il tempo qui è scaduto
le leggi sono innamorate.
Mi avvicino e tutto scompare
il suo portamento maestoso si dissolve
in un casto abbaglio
i suoi arpeggi rampicanti sono maglie del possibile
nervature, innesti di allucinazioni coraggiose
la cui ampiezza è nel mio bramare l’altrove
nel mio dispormi ogni volta
come un angelo crocifisso ai sensi
a sognare l’universo in una zolla di terra
avvolta, moltiplicata un milione di volte
con la volontà di qualcuno che ama
in ogni istante annodato in me.
Mi dici di fissare l’autostrada, i fari, le targhe
sei preoccupato che io possa
scomparire senza lasciare traccia organica
che io possa seguire il verso del fuoco
che mi brucia duro nel petto
che possa dissolvermi come sale
e tu non possa più tenere il mio volto
fra le mani e pronunciare il mio nome
che io possa tramontare per quel richiamo
in perfetta umiltà, battendo sul tempo il tempo
andando via dimenticando tutto
guardando sfuggire la vita senza dolore
portata via come su un nastro.
Ma il mio volto non è mai esistito,
forse non lo sai.
Insieme piansero il cielo
 
 
VISIÓN
 
Tumbados uno junto al otro
plantábamos estrellas como cortinas
sobre lágrimas sumadas
el bautismo del corazón doble y mutilado
por el dolor de los amantes que llaman santo.
Se inclina un mundo desnudo contra mí
un mundo implacable en busca de un creador
quizás es un engaño, sueño ilícito
un amanecer sin tierra,
una intoxicación con las manos
extendidas que quieren cogerme
un predicador avaro que ha aprendido a volar
es un reclamo, una voz que siembra luz
en una sentencia de muerte que resuena dentro como una orden
me extravío, pierdo el deseo,
estoy de viaje con mi identidad equivocada
las respiraciones al revés
el sublime concéntrico me da la mano
calla el visible ingenuo
su teorema completo está vacante
mientras tu viajas en un tren de muertos.
En proezas de cien ojos
estoy entre gente nueva
gigantes de acero mueven las artes
con movimientos solemnes e imperiales
torres despiadadas de redes plúmbeas
llueven cartas geográficas como cometas
todo responde a mi deseo
tengo coronas en las muñecas, tengo que irme.
Al frente de lo invisible
cedo la unidad de medida de la mirada
un rosal de redes azul acero
relata un lugar de silencio delgado nunca envejecido
en la erupción de mi deseo diluvia esta tierra
sobre la mina de mi sed perfecta
el tiempo aquí ha caducado
las leyes están enamoradas.
Me acerco y todo desaparece
su porte majestuoso se disuelve
en un casto desacierto
sus arpegios trepadores
son mallas de los posibles
nervios, injertos de atrevidas alucinaciones
cuya amplitud está en mi deseo de otro lugar
en mi disposición cada vez
como un ángel crucificado a los sentidos
a soñar el universo en un terrón de tierra
envuelto, multiplicado un millón de veces
con la voluntad de alguien que ama
en cada instante anudado en mí.
Me dices que fije la autopista, los faros, las matrículas
te preocupa que yo pueda
desaparecer sin dejar rastro orgánico
que yo pueda seguir el grito del fuego
que me quema duro en el pecho
que pueda disolverme como sal
y tú no puedas tener más mi rostro
entre tus manos y pronunciar mi nombre
que pueda huir por ese reclamo
en perfecta humildad, golpeando el tiempo sobre el tiempo
alejándome y olvidando todo
buscando abandonar la vida sin dolor
transportada como sobre una cinta.
Pero mi rostro no ha existido jamás
quizás no lo sepas.
Juntos lloraron al cielo.
 
Traducción: Julio Pavanetti
 
 
 
RAPPORTI DI SCAVO
 
D’olivo il sonno, ammainati i sensi in emorragia di millenni.
Disfare la maglia al dormir sacro,
tunica di deserto senza orlo, castello d’ossa fortificato di bianco.
Girasoli d’argilla gli ingranaggi delle tue pene,
grondaie di polvere il volto, lacerata la stesura del divenire.
Sfondi di sguardi, questi gusci di conchiglie vuoti,
appassite le carezze nelle tue mani di felce.
Io svuoto il cranio, col pennello smonto l’edificio della ragione,
spire concentriche di depositi cerebrali, fondali marini,
labirinti di vene polverizzati, trasformati in qualità dell’abisso.
Dove la carne è inadempiente si imita forse la vita
o si finisce ad amare in abbreviazioni.
Penso agli ultimi istanti quando lo sguardo in avaria
dilata lo spazio e lo lascia cadere sul fondo.
Parlami del viaggio che mi attende,
in quale rotta ti sei moltiplicato.
Siamo meteore, dopo l’inganno del tempo cosa resta?
Un passo e sei una tacca nel mondo minerale
dove finisce l’effervescenza delle emozioni.
Ho versato boschi sulle catene della mia fede,
sono interrata in ogni latitudine,
in un passato non ancora trascorso stivato nel tempo,
ma non sono mai nata.
Andrò come sole alla guerra, col vento in poppa
convergerò in quel naufragio.
Quando sarò radice, datemi l’inferno
ma lasciatemi nel diametro del mio sentire.
 
 
 
 
ESODO 33,20
 
Dopo avermi prescelto, salvando
il mio involucro umano dal fiume,
per aver trovato grazia ai suoi occhi
mi negò frontale la via del suo volto,
s’incatenava il mio sguardo nelle sue mani.
Nella gestazione di quella rupe a gola d’uccello
franò il sostegno del tempo,
cantici di silenzio di densità totale,
elevati a geometria della coscienza,
serravano a fornace l’oro friabile della mia attesa
che mi rendeva dispari.
Ma con acqua diversa mi dissetò
da quella che gli avevo chiesto.
In quella forma madre gettò a dimora
l’intero grido della sua evidenza,
come rete lavorata a fuoco,
sul mio pericolante corporale.
Nell’empatia dei sensi gemelli s’apriva circolare
la causa incomprensibile del suo principio.
Ascesi e caddi assolto in quella torre
in arature di stagioni eterne.
Innalzato sul dialogo dei sensi, udii quel viso,
compresi quell’odore, mi nutrì, mi avvolse.
Coagulato oltre la linea fortificata dello sguardo,
quel volto senza aspetto accadde in me ovunque,
nitido come terra conquistata.
 
 
 
27 NOVEMBRE
 
Saturno ha puntato il dito sul mio capo
ha sconfitto il cranio come un frutto di polvere
nell’acquasantiera squillante del sesto santo
stanotte muoio di luce.
Si rovescia la candela nel mio corpo in rivolta
le braccia come reliquie impotenti
sale l’odore della morte fra i capelli
non abbiamo paura io e il mio demone errante
né il mio redentore
messia dell’allucinazione
nel santuario stanco della mia voce.
M’incammino dove l’inverno brucia
nel bagliore della mia durata
al bersaglio di smeraldo del tempo
col tatto scheggiato dal freddo
le lame nel petto come laghi ghiacciati.
T’inginocchi sul marciapiede a pregare il mio fulmine
con l’urlo setacciato dalla paura
ma il mio ariete è incendiato in battaglia.
Da un anno cammino al buio in autostrada
le valigie mi hanno spezzato le mani
una di me è morta sullo stelo d’asfalto
moriamo un’infinità di volte sai?
Negli impulsi maniaci di chi sporca le nostre ferite eterne
nelle parole fuoricampo che bucano il volo
moriamo a distanza in alveari di bugie.
Ti regalo i miei pensieri futuri
necessari come ponti sull’oceano
ti prometto i miei seni come ranuncoli
che tardano a schiudersi
ma tu restami nel raggio del cuore
quando la vita scapperà via come uno scoiattolo
in cima a un albero.
A quanti isolati dall’umanità ci rivedremo?
Fedeli e innocenti come gemelli
affacciati oltrecielo su culmini impraticabili
coi colori sgranati dalle carezze della luce.
 
 
27 DE NOVIEMBRE
 
Saturno ha puesto el dedo sobre mi cabeza
ha derrotado el cráneo como un fruto de polvo
en la pila sonora del sexto santo
esta noche muero de luz.
Se  vuelca la vela en mi cuerpo revuelto
los brazos como reliquias impotentes
sube el olor de la muerte entre sus cabellos
no tenemos miedo mi demonio errante y yo
ni mi redentor
mesías de la alucinación
en el santuario cansado de mi voz.
Me encaminan donde el invierno quema
en el resplandor de mi vida
al objetivo de la esmeralda del tiempo
con el tacto astillado del frío
las cuchillas en el pecho como lagos congelados.
Te arrodillas sobre el pavimento a orar a mi rayo
con el grito tamizado por el miedo
pero mi carnero es quemado en la batalla.
Desde hace un año camino a oscuras en autopista
las maletas me han partido las manos
una parte de mí ha muerto sobre una estela de asfalto.
Morimos una infinidad de veces ¿sabes?
En los impulsos maniacos de quien ensucia nuestras heridas eternas
en las palabras fuera de lugar que agujerean el vuelo
morimos a distancia en colmenas de mentiras.
Te regalo mis pensamientos futuros
necesarios como puentes sobre el océano
te prometo mis senos como ranúnculos
que tardan en abrir
pero mantenme en el rayo del corazón
cuando la vida escape como una ardilla encima de un árbol.
¿A cuántos aislados por la humanidad nos encontraremos?
Fieles e inocentes como gemelos
asomados más allá del cielo sobre cúlmenes impracticables
con colores desgranados por las caricias de la luz.
 
Traducción: Julio Pavanetti
 
 
 
VANITAS
 
Ortogonale a me stesso
come volessi infilare l’ago nella sua cruna.
Nel suolo inverosimile dei miei pensieri
la menzogna risplende in ogni verità
come un teschio a bagno in uno specchio
e non sai se andargli incontro o indietreggiare.
Immergo i piedi nello Stige ad
ascoltare la parola dei morti.
Ognuno solleva la propria natura
in basso quanto vuole.
Ognuno vince la sconfitta che può.
 
 
 
 
SONO IL TUO SOSIA...
 
Sono il tuo sosia
un linguaggio sfasciato
nelle tasche dei luoghi comuni.
Avevi barricato l’aria
in cattedrali di stracci.
 
Quella testa tagliata
credo sia dio
e le sue truppe
una recita consunta
per cadaveri in decomposizione.
 
Ma cielo è una calamita viva
piove lacrime a senso unico
fabbrica valigie di vacuità
punti di caos con cui imbastire stelle di stelle
dove giro le galassie anch’io e mi diverto
nel sangue annacquato di vino.
 
 
 
 
SONO L’ARTIGLIERIA E LA PACE...
 
Sono l’artiglieria e la pace
il convento di piume
l’allegria di terracotta
dove digiuna il crocifisso
 
sono l’angelo ubriaco di dio
il pane che affama gli spettri
il bersaglio bendato di luce
 
sono la campana d’aria
che suona il silenzio
la schiena su cui riposa il letto
 
sono la preghiera che lava l’acqua
la vigna d’inchiostro
dove si vendemmia il sole
sono la mappa per perdersi
sono la mensa ripida
dove  siede l’onnipotente quando si pente.
 
 
 
 
S’AFFANNAVA LA RAGIONE...
 
S’affannava la ragione
divorata dalle irriconoscibili Flaminie
nella discendenza spettrale dell'icona travestita
aravi i capelli 
e spacciavi la bocca per ginestra

sul sangue nero dei rivali
l’apnea dei miei genitali distratti
tramandati in battaglia

per un sacramento amaro.
Bevi l’erezione calda con cui batti
le donne che affollano il mio corpo

nel mio letto incoronato dall’incendio.
Siediti accanto a me ora

fammi un segno di frumento sulla croce.

Recito il breviario blasfemo della perdizione.
Io sono condannata a vita.
 
 
SE AFLIGÍA LA RAZÓN…
 
Se afligía la razón
devorada por las irreconocibles Flaminias
en la descendencia espectral
del icono disfrazado
removías el pelo y vendías la boca
para retama de escoba sobre la sangre de los adversarios
la apnea de mis genitales despistados
transmitidos en batalla
por un sacramento amargo.
Bebes la erección caliente con que golpeas
a las mujeres que abruman mi cuerpo
en mi cama coronada por el incendio.
Siéntate a mi lado ahora
hazme un signo de trigo sobre la cruz.
Recito el breviario blasfemo de la perdición.
Yo estoy condenada a la vida.
 
Traducción: Maria Alessandra Gargaglione y Julio Pavanetti
 
 
 
 
QUELLO CHE È MALE AI TUOI OCCHI IO L’HO FATTO
 
La pistola puntata in testa
mi chiedi di non guardarti in faccia
abbiamo scherzato
come il signore col servo.
Allora Tu sei sempre stata i miei occhi condannati
come una coda di cometa
e mentre mi inginocchio,
guardo il bracciolo della poltrona, penso
quanto ci metterò a tornare alla mia tenda con un colpo solo?
Coriandoli di carne come papaveri sul pavimento
la pace sarà radunata nella fortezza delle mie ossa
dispersa come sabbia in un numero di luce
e ogni cosa sarà posata in me.
Saprò il giorno tagliato d’invisibile
procurami un angelo per il mio grembo rotondo.
Poi penso a quel volto incappucciato come a un uomo
a lui che grida appena nato in braccio a sua madre
è la vendemmia dei girasoli all’inferno
il perdono è avverare l’aria.
In armature di padre in figlio
quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto.
        
 
 
 
SE SOLO AVESSI POTUTO RACCONTARTI DI ME…
 
Se solo avessi potuto raccontarti di me
ma la morte ruvida aveva
già posato il fiato sul tuo collo.
La campana risuonava forte i suoi rintocchi
e tu allora iniziavi a comprendere
che nella vita è contenuta l’insidia del male
fino ad allora negato.
Quando per la prima volta hai
riconosciuto che il paese delle Saline,
abbandonato con l’orologio che
segnava fisso le dieci e ventisette
di non si sa quale giorno,
era sublime e che noi lo amavamo,
lo avevamo sempre amato senza saperlo
e desideravamo rimanere lì per sempre.
Proprio ora che lo visitavi
per l’ultima volta te ne rendevi conto.
Erano solo ruderi allora
ma noi in pattini eravamo incantati
e ricordo che ti sei fermato a guardare
come non ti ho mai visto
il tuo sguardo poche ore prima di morire
era già eterno.
 
 
SI SÓLO HUBIERA PODIDO CONTARTE SOBRE MÍ…
 
Si sólo hubiera podido contarte sobre mí
pero la muerte ruda ya había posado
el aliento sobre tu cuello.
La campana repicaba fuerte sus tañidos
y tú entonces comenzabas a comprender
qué en la vida está contenida la insidia del mal
hasta entonces negada.
Cuando por primera vez
has reconocido que el país de las Salinas
abandonado con el reloj
que señalaba fijo las diez y veintisiete
de no se sabe qué día
era sublime y que nosotros lo amábamos
lo habíamos amado siempre sin saberlo
y deseábamos quedarnos allí para siempre
justo ahora que lo visitabas por última vez
te diste cuenta de ello.
Sólo eran ruinas entonces
pero nosotros en patines estábamos encantados
y recuerdo que te detuviste a mirar
como no te he visto nunca
tu mirada pocas horas antes de morir
era ya eterna.
 
Traducción: Julio Pavanetti
 
 
 
 
MOMENTO, AZIONE, SIAMO…
 
Momento, azione, siamo
in abisso in sordina
schianto atemporale hai
attraversato il mio tuono
è primavera la mia amante eterna
salto in una stazione di luce
senza testimoni, vittima di un pretesto
infilo un passo a testa in giù
in una contrazione vivente
qui trovo l’almanacco dell’ineffabile
gli angeli si spogliano.
 
 
 
 
 
LA STRUTTURA DEL MIO TEMPO È ALTERATA…
 
La struttura del mio tempo è alterata,
nel mio territorio di selce irreversibile
scorre un sacrificio primitivo,
zampe di fiera sulla mia
trabeazione di cera liquefatta.
Scivolerò in corsa su un rimedio,
sarò un possesso, crocefissa al tempo
Griderò amen girandomi di spalle alla festa autunnale.
Senza Dio sarò fuoco a fuoco
gli lascerò in mano la mia vita in fiamme.
 
 
LA ESTRUCTURA DE MI TIEMPO ES ALTERADA…
 
La estructura de mi tiempo es alterada
en mi territorio de pedernal irreversible
transcurre un sacrificio primitivo
patas de bestia salvaje
sobre mi entabladura de cera derretida
resbalaré en la carrera sobre un remedio
seré una posesión amordazada crucificada al tiempo
gritaré amén girándome de espaldas
a la fiesta otoñal
sin Dios prenderé fuego al fuego
dejaré en sus manos mi vida en llamas.
 
Traducción: Maria Alessandra Gargaglione y Julio Pavanetti
 
 
 
 
MI DAVA PENA SAPERTI LÌ SOLA...
 
Mi dava pena saperti lì sola
seduta in fondo all’Universo,
sembravi un nome vergine ingrandito da ore malridotte.
Ho partorito l’umanità nei boschi dell’indifferenza
quando rovistavo nella vertigine del cielo come in un cassonetto.
Poi ci sorprese l’amore
e sotto quel cielo guasto
noi tacevamo nella stessa lingua.
 
 
 
 
 
VIA MARCO AURELIO
 
Fra il tempio del Divo Claudio
e il boschetto della Domus Aurea
fra corbezzoli e viburni
io e Bianca prepariamo le lingue dei padri
a casa sotto l’abete cosmico
piantato nell’Eden
che cresce stretto nel patto fra terra e cielo.
Scende l’incanto sugli altari di Roma
bacia il tempo e il mondo si rovescia
è la festa dei folli
gli schiavi danno ordini ai padroni
parlano gli animali nelle stalle
lo scherzo impugna la legge
l’albero ritorna seme
il brigante restituisce il maltolto
brilla il fango nelle pozze
la bellezza bacia lo storpio
e i morti di fame hanno il piatto pieno
il caos sgretola l’ordine
trionferà il carro del sole
trainando la libertà di dicembre che
ha le mani giunte sui banchetti dei Saturnalia.
E mentre la papessa Giovanna
partorisce in processione nella strada a fianco
San Bonifacio impugna il legno della pace
San Biagio salva il bambino strozzato dalla lisca di pesce
Rutuba si batte nell’arena
e gli adepti ricevono il sangue del
toro sgozzato a San Clemente
fra strati di ere mai vissute
io taglio il pane votivo
la mappa intermittente della felicità
il nostro pan de ton che prepara l’abbondanza
con la sua costellazione candita di quarzi e rubini.
Bianca salta e batte le mani
fra poco, nell’anno mille
un povero suonerà alla porta
e gli offriremo la prima fetta.
 
 
VIA MARCO AURELIO
 
Entre el templo del Divo Claudio
y la arboleda de la Domus Aurea
entre madroños y viburnos.
Blanca y yo preparamos las lenguas de los padres
en casa bajo el abeto cósmico
plantado en el Edén.
que crece estrecho en el pacto entre tierra y cielo.
Desciende el encanto sobre los altares de Roma
besa el tiempo y el mundo se da vuelta
es la fiesta de los locos
los esclavos dan órdenes a los patrones
hablan los animales en los establos
la broma impugna la ley
el árbol se vuelve semilla
el bandido devuelve lo robado
brilla el lodo en los pozos
la belleza besa al cojo
y los muertos de hambre tienen el plato lleno
el caos desmorona el orden
triunfará el carro del sol
remolcando la libertad de diciembre
que tiene las manos juntas sobre los banquetes saturnales.
Y mientras la Papisa Juana
da a luz en procesión en la calle de al lado 
San Bonifacio empuña la madera de la paz
Rutuba lucha en la arena
y los adeptos reciben la sangre del toro
degollado en San Clemente
entre capas de épocas jamás vividas
yo corto el pan ofrecido
el mapa intermitente de la felicidad
nuestro pan de toneladas que prepara la abundancia
con su constelación cándida de cuarzos y de rubíes.
Blanca salta y aplaude
dentro de poco, en el año mil
un pobre tocara a la puerta
y le ofreceremos
la primera rebanada.
 
Traducción: Julio Pavanetti
 
 
 
ALEPPO
 
In Oriente c’è una città tutta bianca, imperlata di polvere, con un’indole nobile e allegra, perennemente innamorata.
È una direzione del mondo in cui non mi fermo mai a lungo, ma che mi sta particolarmente a cuore perché bersaglia la mia anima con l’allegoria dei miei desideri.
Potessi afferrarla, indebolire la sua imprendibilità, la farei mia, ma essa rimane lì riparata dagli anni come una tentazione che non scompare mai.
Qui come simboli onirici procedono superbe donne nerovestite con pacchi in testa, uomini dai turbanti bianchi sgranano il rosario invocando i novantanove nomi di Allah. Un uomo che non ha né fratelli né sorelle ha trovato rifugio nella deformazione del suo corpo, da terra raccolgo il suo sguardo celeste, interrogativo, avvolto in un panno bianco.
C’è un gruppo di vecchi accanto alla moschea, a loro la città ha giurato il silenzio e vivono vestiti di immaginazione sepolti nelle loro giornate occulte.
Poi d’un tratto l’urlo dissonante dei muezzin invita alla contemplazione e prende al laccio i miei sentimenti.
Nell’ex manicomio simile a un talismano, che spunta tra fiori appassiti e saponi all’olio d’oliva, appesa alle grate albergava la follia che rideva a denti stretti e farneticando senza pietà gettava in tempesta la ragione.
Nelle gallerie del suq tra carni pendule grondanti sangue e intestini che galleggiano nelle fontane ho imparato a fare attenzione agli asini e alle loro prodezze. In questa terra si discute molto e animatamente ma la gentilezza è una logica antica che anticipa ogni desiderio.
Questa è Aleppo che meglio di chiunque conosce i tornei del mio cuore. Nella città del latte dove il presente è assente sono stata felice per me stessa di una gioia senza condivisione.
Quando la forma naturale della notte poi si adagia sulla cittadella, ad assolvere la rota del principio creatore, la materia riposa e riordina le sue contraddizioni.
Allora come presa in un incantamento mi addormento su quella città e libero la mia fantasia.
A volte penso che non esista affatto, poi guardo il palmo della mia mano e sono sicura della sua esistenza perché, tu non ci crederai, ma nel ripetere il gesto interiore di afferrarla, lei rarefatta e veloce si dileguava, ma per un moto di gratitudine che le è proprio, mi ha lasciato la sua suggestione impressa qui, nell’ordito della mano.

 


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